La stagionalità: un elemento importante per la salute del mare

Pesca e biodiversità: perché seguire la stagionalità dei pesci

La stagionalità: un elemento importante per la salute del mare

Nei mari italiani vivono quasi 10.000 specie animali, cui si stanno rapidamente aggiungendo le numerose specie non autoctone che hanno iniziato a colonizzare le acque di un Mediterraneo sempre più caldo.

La grande biodiversità dei nostri mari è un patrimonio di inestimabile valore, che nel corso degli anni è stato oggetto di politiche ed iniziative volte alla tutela dell’ambiente marino, messo a rischio dagli sconvolgimenti climatici e dall’intensità delle attività antropiche – tra le quali non si può non citare la pesca.

Pesca e biodiversità si influenzano in maniera sostanziale, e uno degli aspetti cruciali da tenere in considerazione per una pesca sostenibile è la stagionalità: pescare un nasello o un gambero rosa nel giusto momento del suo ciclo produttivo può fare la differenza per l’equilibrio delle popolazioni ittiche.

L’impatto della pesca sulla biodiversità nel Mediterraneo

Oggi il Mediterraneo è un crocevia biogeografico ad alta originalità, e la biodiversità dei mari italiani – dal “piccolo Oceano” del Mar Ligure agli habitat unici degli ambienti paludosi – ne è ampiamente testimone.

L’impatto della pesca su una biodiversità così complessa e delicata può essere decisivo, a partire dagli effetti della sovrapesca, che può provocare la diminuzione e il rimpicciolimento degli esemplari, la modifica delle strutture di popolazione, la riduzione dei riproduttori e la diminuzione della diversità genetica delle specie.

Una forte pressione di questo tipo, inoltre, può influenzare la capacità riproduttiva di intere popolazioni: nella pesca infatti si punta quasi sempre agli esemplari di taglia più grande, che sono anche i riproduttori con le maggiori possibilità di successo.

Come i cicli produttivi dei piccoli pelagici possono influenzare l’abbondanza delle specie zooplanctoniche e fitoplanctoniche di cui si nutrono, così le attività antropiche possono determinare il prosperare di alcune specie e la degradazione di interi habitat marini.

Pesca sostenibile: il caso del tonno rosso

Un esempio particolarmente eloquente è quello del tonno rosso (Thunnus thynnus), che in Italia fino a non molto tempo fa veniva pescato in tutte le stagioni dell’anno con le tradizionali “tonnare”.

Come si legge nello studio Lo stato della pesca e dell’acquacoltura nei mari italiani pubblicato nel 2011 dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in primavera e fino all’inizio dell’estate “la pesca si concentrava sui riproduttori, mentre nella seconda parte dell’estate e in autunno le catture riguardavano prevalentemente i giovani tonni” e in inverno riguardava prevalentemente i tonni presenti nel Mediterraneo da più di un anno.

Negli anni del boom del sushi non esistevano direttive e regolamenti a tutela del tonno rosso e il pescato del Mediterraneo è arrivato a superare, soltanto sul versante Adriatico, le 1.000 tonnellate in un anno.

È bastato meno di un decennio per avere la misura delle conseguenze di una pesca senza regole. “La situazione dello stock”, si legge nello stesso studio, “è ancora influenzata dall’imponente sovrapesca avvenuta tra la fine degli anni novanta sino al 2006”.

La stagionalità della pesca: taglia ed età dei pesci

Quando si parla di stagionalità in ambito di pesca si fa riferimento essenzialmente al ciclo riproduttivo dei pesci, che insieme all’elemento delle migrazioni definisce la disponibilità delle risorse ittiche in un dato periodo dell’anno.

Nonostante l’industria abbia di fatto eliminato la percezione del fenomeno, anche i pesci hanno una loro stagionalità: nel Mediterraneo, per esempio, la riproduzione della maggior parte delle specie avviene in primavera e in inverno, appena dopo il periodo in cui la disponibilità di fitoplancton e zooplancton è maggiore.

Per una pesca sostenibile, capace di tutelare gli habitat del Mediterraneo e di salvaguardare le risorse ittiche, è necessario tenere conto del ciclo riproduttivo dei pesci: in questo senso, si legge nello studio citato, “è molto importante conoscere la taglia (e l’età) alla quale una specie raggiunge la maturità sessuale”.

Nel caso di sardine e alici, per esempio, il riferimento è fissato intorno agli 8 centimetri, e non è un caso se il limite di misura minima sia fissato a 11 centimetri per gli esemplari della specie Sardina pilchardus e a 9 per quelli di Engraulis encrasicolus, comunemente noti come acciughe.

Perché seguire la stagionalità quando si pesca

Seguire la stagionalità non ha effetti soltanto su prezzi e facilità di trasporto del pescato: oltre alle manifestazioni più palesi, una pesca in linea con il ciclo riproduttivo dei pesci può avere un forte impatto sulle popolazioni ittiche ed essere decisiva per le sorti delle future battute.

Lo si vede bene prendendo ad esempio il nasello (Merluccius merluccius), una delle specie più numerose nel Mediterraneo nonché la quinta per numero di catture in Italia: secondo un Rapporto SGMED del 2010, anche il nasello ha sofferto – e lo si vede dalla netta predominanza di esemplari di piccole dimensioni nel pescato di oggi.

La pesca è un’attività che inevitabilmente interferisce con i naturali meccanismi di autoregolazione degli ecosistemi, assai delicati e in parte ancora da indagare: seguire la stagionalità dei pesci, come anche prediligere le specie invasive e quelle che non sono considerate vulnerabili, significa stabilire un rapporto proficuo con il mare e assicurarsi una pesca sana e abbondante anche per i prossimi anni.