Il falso mito della profondità: perché non serve andare in acque profonde per pescare

Apnea, pescare in mare a basse profondità

Il falso mito della profondità: perché non serve andare in acque profonde per pescare

Sempre più spesso, complice un crescente interesse per le discipline legate all’apnea, si leggono racconti di imprese subacquee a grandi profondità, catture negli abissi e tempi di apnea molto prolungati. Come se per pescare in mare, e uscire dalla battuta di pesca con un discreto carniere, fosse necessario spingersi a profondità importanti e saper trattenere il respiro per oltre tre minuti.

Nella realtà, i pescatori subacquei lo sanno bene, nel sotto costa e nel bassofondo si può pescare molto e con grande soddisfazione: i pesci, seppur più smaliziati di quelli che vivono “protetti” dalle profondità marine, si muovono molto anche in superficie e vicino alla costa.

Pescare in mare: i pesci e le profondità

Pescare in mare, soprattutto se si pesca in apnea, significa innanzitutto saper leggere le situazioni. Quando si hanno a disposizione al massimo due minuti di pesca, saper interpretare il contesto in tempi molto rapidi è fondamentale.

Perciò il pescatore subacqueo impara ben presto a conoscere il comportamento delle diverse specie che vuole insediare, le loro abitudini e le strategie migliori per attirarle o metterle sotto tiro senza farsi notare.

I pescatori esperti sanno bene che i pesci si muovono (e molto) anche nel bassofondo e vicino alla costa. Anche le specie più affezionate alla vita di fondo come le cernie, i dentici e le ombrine, prima o poi transiteranno per gli specchi d’acqua meno profondi – per questioni di temperatura, per nutrirsi o per riprodursi.

Pescare un grosso dentice sarà sempre più probabile oltre i 10 metri di profondità che non in acque basse, ma non è raro incontrare esemplari a caccia in pochi metri d’acqua, soprattutto in inverno. E lo stesso può accadere con cernie, orate e tonni.

Poi ci sono le specie che cacciano tradizionalmente in acque basse o ci si spingono per mangiare: spigole, cefali, saraghi e salpe sono una presenza costante nel sotto costa. Le spigole, in particolare, si muovono in acque così basse che in molti raccontano di averne insediate anche in emersione, puntando verso il basso senza immergersi.

Quali pesci pescare in mare a basse profondità

È chiaro che la pesca ai grandi pelagici o alle grosse cernie richieda di potersi avventurare a certe profondità, ma entro i primi 6 metri d’acqua c’è un mondo.

La spigola. la regina del bassofondo, si pesca soprattutto in inverno ma si può incontrare in tutte le stagioni. Ama cacciare in acque molto basse, muovendosi vicino alle rocce o nascondendosi abilmente tra la schiuma. L’orata, invece, si muove nel bassofondo essenzialmente alla ricerca di cibo. Quando abbandona la tana si muove tra le rocce e nelle macchie di vegetazione, ed è nota per essere un pesce molto diffidente, sicuramente non il più facile da mettere nel sacco.

Le salpe si muovono in gruppo e nel bassofondo sono piuttosto vulnerabili, soprattutto quando si fermano per mangiare. Bisogna saper mimetizzarsi molto bene, perché basta essere visti da un esemplare per veder fuggire l’intero gruppo. La loro presenza, però, può attirare prede ancora più interessanti, come i dentici che si spingono nel sotto costa per cacciarle. Il cefalo è forse la preda più semplice da prendere in acque basse sparando dall’alto, anche per via dei suoi movimenti prevedibili.

Restando sotto i 5 metri, si possono pescare anche saraghi, aguglie, lecce e muggini. In sostanza, quasi tutti i pesci prima o poi si muovono verso le acque basse: a fare la differenza sono sempre la tecnica e l’esperienza del pescatore.

Le tecniche di pesca sub in acque basse

Sono diverse le tecniche di pesca in apnea che si possono praticare in acque basse. Una delle più diffuse è l’agguato dalla superficie, una tecnica che può essere molto fruttuosa con tutti i pesci del bassofondo e che è adatta anche a chi ha poca esperienza.

Entro i 3 metri di profondità si inizia a parlare di pesca all’aspetto: ci si cala sul fondo, mimetizzandosi con le rocce o la vegetazione, e si aspetta il momento adatto a colpire la preda.

Le acque basse sono in realtà il contesto più adatto per apprendere e affinare la tecnica, che significa imparare a tenere conto delle distanze (vicino alle rocce il rischio più grosso è quello di distruggere immediatamente l’asta) ma anche prendere coscienza dei propri tempi di apnea e di pesca.

Nel sotto costa si pratica anche la pesca in tana, anche se la tecnica sta perdendo un po’ di presa a causa della scarsità delle prede: il polpo era un tempo il principe di questo tipo di pesca, che oggi si usa soprattutto per insediare saraghi, cernie, ombrine e corvine.