Paura della profondità: come sconfiggerla

Paura delle profondità e pesca in apnea

Paura della profondità: come sconfiggerla

Quando ci si immerge si va sempre un po’ contro le leggi della natura: trattenere il respiro per spingersi laddove non si vede cima né fondo è di per sé una pratica innaturale e in parte irrazionale. È anche per questo che l’immersione in apnea è sempre intensa e innatamente pericolosa.

Il corpo è sottoposto a stimoli fisici molto forti, che si intensificano all’aumentare delle profondità, e alcune vulnerabilità che fuori dall’acqua sono facilmente gestibili possono trasformarsi in un serio pericolo. La paura della profondità, in questo senso, è tra i sentimenti che più tipicamente accompagnano il pescatore sub durante le immersioni.

Pesca in apnea: paura e panico non sono la stessa cosa

La paura della profondità è un sentimento assolutamente naturale in immersione: anche nelle migliori condizioni di visibilità, l’orizzonte distinguibile è sempre limitato e a qualche metro dal subacqueo inizia sempre, inevitabilmente, l’ignoto. Perciò anche nei pescatori subacquei più esperti si attiva una sorta di stato di allerta, uno “stress positivo” che aumenta i meccanismi di attenzione e di difesa e permette di concentrarsi sulle priorità, facendo passare in secondo piano informazioni secondarie come la temperatura percepita.

Spesso la prima sensazione che si sperimenta immergendosi in pochi metri d’acqua limpida, in assenza di confini ben definiti alla vista, è quella di volare. La questione però cambia, a volte radicalmente, scendendo più in profondità: i colori diventano man mano meno distinguibili, e la luce diminuisce drasticamente. Il tempo si dilata, il corpo diventa sempre più presente alla mente e il senso di spaesamento può diventare predominante.

Secondo le indagini del Divers Alert Network, oltre il 20% degli incidenti mortali in acqua è causato dal panico, che è probabilmente la prima causa di morte nelle attività subacquee. Panico e paura, però, sono cose estremamente diverse. Mentre la paura è la compagna più affidabile di un subacqueo, soprattutto quando si pesca in acque torbide o ci si immerge molto a lungo, il panico rappresenta uno dei nemici più pericolosi per chi pratica immersioni, sia in apnea sia con i respiratori.

Le immersioni subacquee richiedono allenamento fisico e preparazione mentale: non è un caso se molti pescatori sub, alla stregua dei grandi campioni di apnea, si avvicinano a pratiche come lo yoga e il training autogeno.

Ansia in immersione: i segnali da non sottovalutare

Per affrontare in sicurezza un’immersione è necessario essere presenti a se stessi, avere contezza del proprio corpo, dei propri movimenti e del proprio stato d’animo. Immergersi in sicurezza significa essere in grado di affrontare imprevisti ed eventi inattesi con razionalità, sapendo gestire il proprio respiro ed evitando pratiche pericolosissime come le risalite troppo veloci in superficie.

Quando la naturale paura dell’ignoto si trasforma in un sentimento potenzialmente incontrollabile e quindi pericoloso, si manifesta innanzitutto con i segnali tipici dell’ansia, tra cui:

  • respirazione accelerata;
  • tensione muscolare e articolazioni rigide o bloccate;
  • irritabilità e incapacità di concentrarsi;
  • tendenza a parlare troppo o troppo poco;
  • evitamento del contatto visivo;
  • presa o pugni stretti, anche in acqua;
  • temporeggiamento e problemi immaginari (per esempio problemi all’attrezzatura);
  • tendenza a “fuggire” verso la superficie.

Quando ci si accorge che il proprio compagno di apnea mostra alcuni di questi atteggiamenti già fuori dall’acqua, è importante fargli capire che non si trova nello stato d’animo più adatto per immergersi.

Alcuni disturbi dell’umore, in generale, possono influire sulla propria capacità di mantenere la calma in immersione, ed è per questo che la pratica dell’apnea viene caldamente sconsigliata in presenza di gravi forme di depressione, claustrofobia o problemi legati all’assunzione di alcol e stupefacenti.

Anche alcune condizioni fisiche possono contribuire a generare i sintomi dell’ansia: tra questi anemia, aritmie cardiache, diabete, asma e disturbi della tiroide, e anche l’assunzione di alcuni medicinali o sostanze come caffè e nicotina può influenzare il comportamento inconsapevole del sub.

Bisogna davvero sconfiggere la paura della profondità?

La normale ansietà collegata all’ambiente sottomarino, ignoto e senza confini, può tramutarsi facilmente in panico: un caso molto noto è quello della Blue Orb Syndrome, una reazione agorafobica che può verificarsi quando si perde completamente l’orientamento e si perde contatto con la superficie (o con il fondale, nel caso delle immersioni nel blu).

Per affrontare la paura della profondità, è necessario lavorare con costanza e tenendo sempre ben presenti i propri limiti: immergersi spesso, non avere fretta di scendere, imparare ad apprezzare le possibilità di pesca negli scenari più congeniali arrivando pian piano a quelli più “ansiogeni”, come le acque molto torbide o profonde.

La tecnica più nota per affrontare le situazioni stressanti in acqua è riassunta nel mantra “Fermarsi, Respirare, Pensare, Agire”: quando si inizia a percepire il panico, la cosa più importante da fare è riprendere il controllo di se stessi e della situazione. La capacità di gestire questi potenti stimoli non è innata: ci si deve allenare a rispondere alle situazioni di panico, anche valutando l’idea di impegnarsi in un corso di pesca sub o di apnea.

L’idea di sconfiggere la paura, però, è frutto di un approccio sconsiderato e pericoloso: la paura è un sentimento che deve sempre accompagnare il sub, un’alleata insostituibile che fa parlare il corpo prima del cervello, che mostra al sub i limiti da non valicare e che è parte fondamentale dell’esperienza dell’immersione.